Graphic Novel
Ilinix è la storia di due giovani donne: Emyr, un’astronauta del futuro, e Ig, una sapiens del Paleolitico. I loro destini, lontani nello spazio e nel tempo, sono uniti dall’apparizione di una strana figura: un uomo col testa di kudu.
Gli Studi
Il Pianeta
Pianeta incrociato dalla rotta di EOS dove vengono inviati Emyr e Kib. Si rivela abitabile per la specie umana.
EOS
Stazione spaziale abitata dai superstiti della specie umana.
Vaga da migliaia di anni nello spazio e ha da temposuperato i tempi d’utilizzo con cui era stata progettata. Per questo motivo è soggetta a continui guasti e i suoi abitanti hanno imparato a fabbricare tutto quello di cui hanno bisogno dal continuo riciclo delle sue componenti.
Il campo base
Accampamento creato da Emyr e Kib sul pianeta 70AM83 a partire dalla sonda d’esplorazione sulla quale hanno viaggiato. Si compone di una zona per dormire e di un laboratorio per l’analisi dei campioni prelevati nel pianeta.
I personaggi
Ig
È una giovane donna appartenente a una tribù di homo sapiens sapiens. Nonostante abbia sempre vissuto in gruppo è molto diffidente e guardinga, ha sempre paura degli altri sapiens. Per questo motivo ha imparato a contare solo su se stessa per sopravvivere.
Emyr
Una giovane di EOS che ha concluso l’addestramento per diventare Ricognitrice ed è stata selezionata per l’esplorazione del pianeta 70AM83.
Emyr è razionale; tanto da sembra fredda e chiusa in sé stessa. In realtà ha l’animo di un’idealista: è convinta che esista un pianeta per la specie umana e vuole trovarlo. Per salvare la popolazione della stazione spaziale ma, soprattutto, per onorare la memoria dei suoi genitori. Loro sono stati i primi Ricognitori di EOS, i primi a scegliere di sacrificare la loro vita per la comunità.
Kib
Un giovane di EOS, che ha concluso l’addestramento per diventare Ricognitore ed è stato selezionato per l’esplorazione del pianeta 70AM83. Kib è fatalista, vuole godere dei piaceri della vita e non gli importa nulla di morire per il bene comune. Pauroso, cinico e sarcastico, per quanto non voglia darlo a vedere Kib si affeziona alle persone che ha intorno.
L’Uomo Kudu
Una misteriosa figura che Ig vede una notte. Ha la testa di kudu e il corpo di un essere umano. Continua ad apparire ogni volta che Ig è in pericolo.
La bambina e la donna
Sono le uniche due persone di cui Ig si fida.
La bambina è coraggiosa, curiosa e irrequieta. Finisce sempre per mettersi in situzioni pericolose dalle quali Ig deve salvarla.
La donna è agli ultimi mesi di gravidanza. A differenza di Ig non sembra avere paura del mondo circostante e si fida di lei dal primo momento in cui la vede.
Daek
Daek è il capo dell’addestramento Ricognitori di EOS. Si occupa di formare le reclute e di approvare ogni esplorazione planetaria. Sul pianeta 70AM83 coordina la Squadra di supporto formata da Shina, Ras, Tel e Numi.
TAVOLE
Le Autrici
Sofia e Margherita sono entrambe nate e cresciute a Roma, classe 1997. Si conoscono il primo anno di asilo e fanno assieme tutti e cinque gli anni delle elementari. Si rincontrano dopo molti anni durante i quali intraprendono percorsi di studi diversi ma affini.
Sofia frequenta il corso triennale di Illustrazione all’Istituto Europeo di Design e il Master in Communication Design alla Kingston University di Londra; Margherita si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo all’università la Sapienza e poi si diploma in sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Nel 2022 Sofia pubblica la Graphic Novel di esordio Il Giardino con Edizioni NPE – originalmente presentata come tesi di laurea triennale. Nel 2020 Margherita partecipa con la storia Via Tasso 145 alla pubblicazione Accattoni, vitelloni e zombie. Il neorealismo rivisitato a fumetti (Ultra) in collaborazione con la Scuola romana dei fumetti.
Ora Sofia come illustratrice e partecipa a vari progetti editoriali come per esempio Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli, mentre Margherita lavora come sceneggiatrice freelance.
Quando si incontrano di nuovo decidono di iniziare a collaborare come coppia creativa unendo il disegno e la scrittura. Condividono la passione per i gatti, i videogiochi, le atmosfere dark academia e le playlist lo-fi.
Soggetto
Questa storia parla di Emyr (20) e Ig (20): un’astronauta del futuro e una donna del Paleolitico.
Gli occhi di Emyr non hanno mai visto la luce del sole, conoscono solo la luce fredda dei neon e degli schermi olografici della stazione spaziale EOS, ultimo avamposto della razza umana condannata a vagare nello spazio siderale da millenni. Gli occhi di Ig sono in grado di riconoscere tutte le sfumature del verde delle piante e sono abituati a scrutare tra le ombre prodotte dal fuoco. Proprio tra queste ombre, una notte, Ig vede qualcosa di mai visto prima: l’ombra spettrale di un uomo con la testa di kudu.
Quando Emyr viene chiamata nel Laboratorio B42 sa già quali parole usciranno dalla bocca di Daek(55), capo dell’addestramento dei Ricognitori. L’ha chiamata per dirle che c’è un pianeta in avvicinamento sulla rotta della stazione spaziale e lei è nella coppia di Ricognitori che sarà inviata a esplorarlo.
EOS, con le sue luci fredde e i corridoi asettici, è oramai una carcassa che si trascina tra gli astri. Scienziati e tecnici combattono da anni contro il decadimento delle sue componenti ma le statistiche parlano chiaro: l’umanità, se vuole sopravvivere, deve trovare una nuova casa. Per questo motivo, ogni volta che la stazione spaziale incrocia sulla sua traiettoria astrale un pianeta vengono inviati due Ricognitori con il compito di esplorarlo e scoprire se compatibile con la vita umana. Finora, nessuno è riuscito nella missione.
Anche la caverna dove vive Ig cade a pezzi. Un violento terremoto sigilla l’entrata della grotta, imprigionando dentro la donna e il resto della sua tribù. Soli, nell’oscurità, uomini e donne cominciano a mangiare i propri morti; succhiano avidamente il midollo osseo dalle vertebre. Ig sa che tra poco toccherà anche a lei essere squartata e poi divorata, non una sola parte di lei andrà sprecata. Il buio della grotta è difficile da distinguere dall’oscurità dietro le nostre palpebre e Ig crede di vedere di nuovo quella strana figura, l’uomo con la testa di kudu. Con il suo aiuto riesce a uscire dalla caverna ma come sopravvivere, senza una tribù, nella natura incontaminata?
Emyr si pone la stessa domanda ora che è atterrata sul pianeta che deve esplorare assieme a Kib, l’altro Ricognitore. I due lottano contro la violenta nausea provocata dalla luce, dalla diversa pressione atmosferica, dai suoni e dagli odori; tutto in quel pianeta va contro la loro natura. Sono due corpi estranei immessi in un organismo che cerca di eliminarli e anche un compito semplice come allestire un piccolo campo base comporta uno sforzo gigantesco. Quando scende la notte, la prima vera notte della loro vita, Emyr e Kib si riparano dentro la tenda appena eretta. Il ragazzo scoppia in lacrime: Siamo soli. Emyr sa che ha ragione, si rigira nel proprio sacco a pelo e stringe a sé un piccolo peluche rovinato, l’unico ricordo di EOS che le rimane. Il mondo che li circonda è quanto di più lontano da EOS possa esistere: un mondo organico, pieno di vita, colori e odori mai provati prima che disgustano i due abitanti dello spazio durante l’esplorazione. Eppure, quel luogo così feroce e anomalo, rappresenta la loro sola salvezza: i dati raccolti dai due Ricognitori combaciano con quelli del pianeta a lungo cercato.
Ig è abile a mimetizzarsi tra il fogliame e fuggire al primo sentore di pericolo. Diventa, però, una preda facile quando salva una bambina (4) dalle fauci di una tigre dai denti a sciabola. La piccola, con i suoi pianti, attira tutti i predatori della foresta ma Ig non riesce a seminarla. Ogni volta che l’abbandona lei riesce a ritrovarla e le sale in braccio, testarda. Così Ig è costretta a prendersene cura.
Emyr e Kib vengono raggiunti dalla Squadra di Supporto, capitanata da Daek. Il loro compito è quello di verificare la correttezza dei dati inviati e, se l’esito è positivo, iniziare a colonizzare quel pianeta. Ma, dopo essersi accertati dei dati, Daek insiste per monitorare lo stato di salute dei Ricognitori. Il risultato lascia l’amaro in bocca a tutti: sullo schermo del campo base appaiono i filamenti tridimensionali del DNA di Emyr e Kib con delle evidenti mutazioni genetiche in corso. Il pianeta, con le sue radiazioni, ha modificato il loro codice genetico. Cosa significa? Chiede Kib, terrorizzato. Significa che ci ammaleremo molto presto – risponde Emyr che ha già capito – e moriremo. Sui volti di tutti i presenti passa la stessa preoccupazione: questo vuol dire che quel pianeta non va bene per loro, che hanno sprecato risorse ed energie di EOS per nulla.
Daek scuote la testa, quel pianeta è quello giusto, devono solo abituare i loro organismi. Per farlo bisogna creare rifugi riparati dai raggi diurni, sistemi di depurazione dell’acqua e dell’aria. Col passare delle generazioni si adatteranno sempre di più a quell’ecosistema, fino a quando non sarà più nocivo per loro.
La notte, Ig è raggomitolata nell’incavo di un albero. La bambina è stesa sul suo grembo, dorme profondamente. Fuori dal tronco imperversa una tempesta di pioggia così fitta che la foresta intorno sembra una macchia scura confusa. Gli occhi di Ig si chiudono lentamente e quando li riapre, a pochi centimetri dal suo viso, c’è il muso dell’uomo – kudu. Lei lo guarda spaventata mentre l’essere allunga un mano deforme verso di lei, le accarezza dolcemente una guancia. Ig si sveglia di soprassalto. Una donna (28) è inginocchiata vicino a lei, ritrae velocemente la mano con cui l’ha sfiorata. Le due si guardano in silenzio, entrambe aspettano che sia l’altra a fare la prima mossa. La donna sembra spossata, il viso scavato e segnato da occhiaie scure, il ventre gonfio di vita. Ig, attenta a non svegliare la bambina, si sposta, lasciando dello spazio nel tronco cavo per la donna.
I Ricognitori e la Squadra di Supporto iniziano a costruire l’ossatura che sorreggerà altre tende, come quelle del campo base, per accogliere il resto della popolazione di EOS. Poi sistemano dei grandi tubi sul fondo di uno specchio d’acqua dove si tuffa il getto di una cascata, che poi incanalano in tubo con un’apertura a imbuto. Emyr guarda la natura del pianeta, contaminata dalla tecnologia di EOS e scopre di non sentirsi rassicurata come avrebbe pensato.
Le strutture e i tubi sembrano strani animali spigolosi e bianchi, lunghe dita anemiche che cercano di catturare quel mondo variopinto e organico. Forse è per questo che, quando l’indomani scoprono che gli impianti sono stati danneggiati, non è poi così dispiaciuta. Li ripara assieme ai suoi compagni, eseguendo come sempre gli ordini di Daek.
Ig, la donna e la bambina – un improbabile trio che inizia sempre di più ad assomigliare a una famiglia – trovano l’apertura di una grotta, seminascosta da muschi e licheni. Lì dentro creano giacigli con foglie ed erba soffice, poi raccolgono rami e ramoscelli per accendere il fuoco che le scalderà nella notte. Ig guarda la donna e la bambina dormire profondamente e, per un attimo, tra le ombre della caverna crede di vedere quell’uomo-kudu.
Nonostante le riparazioni le tende in costruzione e l’impianto di purificazione dell’acqua sono stati nuovamente distrutti. Le fratture e i graffi, dislocati in punti diversi da quelli del giorno precedente, rendono chiaro a tutti che non si tratta di danni casuali, bensì di una manomissione volontaria.
Così, quella notte, la Squadra di Supporto al completo si apposta nell’oscurità per vedere chi, o cosa, distrugge ogni notte le strutture per la colonizzazione. Dal cielo si riversa una pioggia fitta e copiosa che rende ancora più difficile vedere nel buio, nonostante gli occhi degli abitanti di EOS siano abituati alla poca luce. Emyr riesce a distinguere delle figure che si muovono nei pressi della fonte d’acqua.
Inizia ad avanzare, strisciando a terra, seguita a distanza da altri membri della Squadra di Supporto. Un lampo improvviso illumina tutto a giorno per pochi istanti: Emyr vede degli esseri scuri, coperti di pelo, cercare di colpire con pietre e legni i tubi nella roccia. Poi, di nuovo l’oscurità. Emyr raggiunge la fonte, riesce a sentire il respiro di quegli esseri. Tira fuori il dispositivo con cui stordirli e cerca di individuare la traiettoria giusta, nonostante la pioggia torrenziale.
D’un tratto un altro lampo; nella frazione di secondo in cui tutto è illuminato di luce bianca Emyr mette a fuoco uno degli esseri: tra i folti peli ci sono un paio di occhi. Occhi umani che la fissano. Emyr si blocca, incapace di colpire mentre i suoi compagni abbattono uno dopo l’altro quegli esseri.
Occhi umani, molte paia di occhi umani affacciate all’entrata della grotta. Ig impugna subito il suo bastone, pronta a scacciare quello sparuto gruppo di persone che la guarda tra il timoroso e lo speranzoso. La donna, invece, si avvicina agli estranei e inizia a odorarli, poi li lascia entrare nella caverna.
Ig quella notte rimane sveglia, non vuole addormentarsi per controllare i nuovi arrivati, nonostante loro dormano profondamente nel versante opposto della grotta. Le palpebre le si fanno pesanti per la stanchezza, proprio quando il sonno sta per vincerla tra quelle ombre vede muoversi quella dell’uomo-kudu: le lunghe corna nodose che si allungano sulla roccia.
Ig si alza di scatto e si lancia contro l’ombra cercando invano di afferrarla. L’ombra sfugge alle sue dita sporche di cenere, ogni volta che pensa di averlo preso trova solo la pietra ruvida e irregolare della grotta. Sconfitta, Ig si accascia a terra e dorme.
A svegliarla è un rumore secco, ripetuto. Quando apre gli occhi vede gli altri sapiens intenti a lanciare dei sassi contro la parete della grotta. Si sfrega gli occhi, assonnata, e solo ora mette a fuoco cosa spaventa gli altri tanto da indurli a colpirlo con sassi e pietre: grande, nero e incombente, sulla roccia c’è la sagoma dell’uomo-kudu, tracciata con tratti nervosi e aspri. Appena vedono che Ig è sveglia tutti, tranne la donna e la bambina, la guardano intimoriti.
Emyr viene guardata allo stesso modo dai suoi compagni dal giorno in cui hanno attaccato gli strani esseri che sabotavano il loro lavoro e che lei si ostina a chiamare esseri umani.
Ma Emyr sa di aver ragione e i test condotti su un cadavere lo confermano: i membri della Squadra di Supporto condividono con l’essere riverso sul tavolo del laboratorio, il ventre vivisezionato e un principio di rigor mortis, il 99% del loro DNA. Emyr cerca di mascherare la propria soddisfazione mentre nella stanza regna il silenzio, tutti aspettano che Daek dica qualcosa. L’uomo guarda accigliato la schermata dove campeggia la sequenza genetica appena decodificata.
Questo non cambia i nostri piani, esordisce con tono fermo, dobbiamo portare avanti la costruzione degli avamposti e del sistema di drenaggio e per farlo dobbiamo essere sicuri che non vengano più danneggiati. I membri della Squadra di Supporto si scambiano sguardi tesi. Emyr, invece, inizia a dire che forse deviando la fonte d’acqua hanno tolto una risorsa vitale a quella popolazione, si potrebbe trovare un altro modo per — No, Emyr: dobbiamo sterminarli.
Un urlo sorprende Ig di ritorno dalla caccia, a pochi metri dalla grotta: è la voce della donna. Ig scatta all’interno grotta e la trova madida di sudore, le cosce sporche di sangue scuro e grumoso, in preda alle contrazioni del parto. La bambina la guarda spaventata, le guance solcate da grosse lacrime. Ig corre dalla donna, la prende tra le proprie braccia ma non sa come aiutarla, il resto della tribù si tiene lontano da loro.
La donna cerca di alzarsi in piedi, aggrappandosi alle sporgenze della parete rocciosa. Ig la aiuta, sorreggendola da dietro. La donna urla, le mani agganciate alla roccia sporca di cenere dove c’è la sagoma dell’uomo-kudu. Ig la tiene stretta e inizia a urlare assieme a lei; il suo corpo aderisce a quello della donna, si contraggono assieme come fossero attraversati dagli stessi spasmi. I loro corpi intrecciate, le urla ritmiche, Ig e la donna unite: davanti a loro la sagoma spettrale dell’uomo-kudu.
Al campo base la Squadra di Supporto consuma il suo ultimo pasto prima dell’attacco. C’è anticipazione nell’aria, silenzio teso riempito solo dai suoi del cibo che viene masticato e inghiottito. Emyr non mangia, osserva severa i suoi compagni mandare giù i nutrienti fermentati che ha condito con bacche rosse, in modo che i loro organismi inizino ad abituarsi al cibo presente sul pianeta. Daek augura a tutti di dormire bene quella notte, devono essere riposati per l’indomani. Emyr lo interrompe per dire che lei non ha intenzione di combattere, rimarrà al campo base pronta a medicare eventuali feriti. Daek annuisce, freddo: ognuno è responsabile delle proprie scelte, dice.
Quelle parole tengono Emyr sveglia nel silenzio notturno del campo base, il suo piccolo peluche logoro in grembo, e lo sguardo che indugia su Kib addormentato nella sua brandina.
La donna allatta il neonato, nascosto sotto la pesante pelliccia dalla quale sono entrambi avvolti. La bambina cerca di attirare le attenzioni della donna: le sale in braccio, le tira i capelli, quasi prova a staccarle il neonato di dosso. Ig la tira su di peso e la porta via, in un altro punto della grotta. Gli occhioni della piccola si riempono di lacrime e lei è pronta a mettersi a piangere quando Ig si sfrega tra le mani un legno annerito, sopravvissuto al fuoco della sera prima.
Poi le sue dita sfiorano la roccia ruvida della parete e la bambina guarda rapita quella danza fatta di gesti decisi e tocchi delicati. Sulla parete della grotta appaiono bufali, uri, tigri e gazzelle: animali slanciati, altri possenti, incombono sulla parete della grotta che ora sembra un campo sterminato. Ig smette di disegnare e si volta verso la bambina ma scopre che, a osservare a occhi spalancati di incredulità, ci sono tutti gli abitanti della grotta.
La Squadra di Supporto lascia il campo base; Emyr li guarda allontanarsi sempre di più, fino a scomparire nel folto della foresta. Si mette nell’orecchio un dispositivo che le fa sentire le comunicazioni tra i membri della Squadra. Gruppo uno, andate in posizione. Mentre i suoi compagni si separano, per accerchiare gli esseri e chiuderli in un attacco a tenaglia, Emyr sistema il campo base: richiude le brandine, pulisce a terra, disinfetta il laboratorio. Gruppo due, abbiamo il bersaglio sotto tiro. Emyr raggruppa i pochi oggetti personali dei suoi compagni in cumuli ordinati. Gruppo uno, aspettate. Poi chiude ogni cumulo in una sacca separata e le impila tutte con precisione. Che succede?
La ragazza fa per mettere in una sacca, come quella utilizzata per i campioni, anche il suo peluche, poi ci ripensa e lo posa. Ras si sta sentendo male, non possiamo procedere. Emyr esce dal campo base, il sole è alto sulla pianura verdeggiante. Sintomi? Lascia che la luce del sole la scaldi, gli occhi chiusi e il volto rivolto verso il cielo. Nausea. Allarga appena le braccia, come ad abbracciare il vento che le scompigli ai capelli. Anche Tel sta vomitando, torniamo al campo base capitano? Poi si avvia verso le tende in costruzione, ormai quasi completate. No, aspettate. Emyr, puoi sintetizzare un rimedio e raggiungerci? Lei annuisce: Sì, capitano. Poi inizia a prendere a calci le strutture delle tende, fino a farle crollare. Qualcuno mi riceve? Capitano? Emyr si tuffa nella fonte d’acqua e con bracciate veloci raggiunge i tubi sul fondo. Inizia a sradicarli a mani nude. Fuori, sulla riva, il dispositivo per le telecomunicazioni abbandonato: Emyr mi senti? Kib…aiuto, aiutac–
Ig, assieme ai due uomini, pulisce radici e funghi nel prato fuori dalla grotta. L’anziana toglie le pulci dai capelli della donna che allatta il neonato. La bambina gioca tra i cespugli, li colpisce con un ramoscello. Ig osserva la sua tribù e la natura attorno a loro. Sorride e torna a pulire le radici. Poi, un urlo.
La donna indica verso i cespugli, gli occhi sbarrati. Ig corre in quella direzione e trova la bambina stesa al suolo, un piccolo serpente nero e rosso le scivola sulla caviglia sottile. Ig schiaccia il rettile con un sasso poi si piega a succhiare il veleno dalla ferita. La bambina, però, rimane immobile, fredda.
Emyr si asciuga stesa su una roccia quando vede le piante al limitare della foresta agitarsi: ne emerge Kib, la tuta sporca di terra e sangue. Perché?
Ig, trincerata sopra un masso, osserva le mosche che danzano sul corpo della bambina, ormai quasi in putrefazione. Non fa nulla, rimane lì a osservarla. Poi vede arrivare la donna, il neonato fasciato al petto, che si inginocchia vicino alla bambina. Le sue mani affondano nella terra mentre scava, sollevando polvere e detriti. Ig continua a osservarla, impassibile, fino a quando non vede la donna afferrare il corpo della piccola. Allora la raggiunge in un balzo e trattiene la bambina a sé. La donna la guarda fisso negli occhi, il suo sguardo triste incontra quello rabbioso di Ig. La donna toglie delicatamente la bambina dalle braccia di Ig e la adagia nella piccola fossa che ha scavato per lei. Inizia a ricoprirla con manciate di terra. Ig vede il corpo della bambina scomparire sotto la terra brulla e, d’un tratto, comincia anche a lei a ricoprirla. Mentre lancia l’ultima manciata di terra cade sul volto della bambina Ig inizia a piangere.
Anche Emyr lascia andare un ultimo pugno di terra. Davanti a lei e Kib cinque rigonfiamenti nel terreno segnano le sepolture dei loro compagni. Rimangono un istante a osservarli, poi si addentrano nella foresta mentre riecheggiano le parole di qualche ora prima. Hai sempre avuto ragione tu Kib. Emyr e Kib attraversano la foresta scura e fitta. Pensavamo questo fosse il pianeta giusto ma ci sono tante che non sappiamo su di noi… Di notte, illuminati dalla luna piena, percorrono la savana. Cose abbiamo dimenticato e non sappiamo più immaginare. I due Ricognitori si arrampicano su una montagna rocciosa, l’imbracatura da scalata che fascia i loro corpi uniti da una corda. So che non potrai mai perdonarmi ma so che capisci perché l’ho fatto… forse un giorno capiremo cosa ci è successo. Kib tende la mano a Emyr, aiutando a issarsi sopra una sporgenza rocciosa. Possiamo continuare a sognare e a cercare un posto per noi. I due sono sull’orlo del cratere di un enorme vulcano, tra i fumi grigi si intravede il magma ribollente. Non sappiamo come né quando. La notte i due riposano seduti davanti a un fuoco acceso, vicino a loro scheletri e ossa di animale. Sappiamo solo che questo non è il nostro pianeta… Emyr afferra un teschio e se lo avvicina al viso, gioca a proiettare la propria ombra: un corpo umano e un testa di kudu. Questo è quello che Ig vede, nascosta tra i rami di un albero. E questa non è la nostra storia.